Che cos’è il mobbing? questo termine deriva da “to mob”, assalire, accanirsi. Da questo ne deriva mobbing non che un atto che non ha, o si identifica in un’unica fattispecie di illecito civile o di reato, ma dipende a seconda dei casi, i delitti di diffamazione, minaccia, lesioni personali colpose, violenza privata, estorsione, maltrattamenti, abuso d’ufficio e talvolta anche la violenza sessuale. In particolari il mobbing può anche diventare stalking, non che atti di persecuzione.
Questo tipo di comportamento che viene tenuto sul lavoro, si caratterizza con la presenza di una serie di comportamenti vessatori ed ostili che veno compiuti ripetutamente contro un lavoratore o chi scelto come bersagliato da parte del capo o dei superiori.
Gli effetti che hanno sulla figura del lavoratore preso di mira sono per lo più psicofisici, quindi si va a minare la stabilità mentale della persona e la sua integrità mentale. Un esempio è la costante provocazione che insorgere ansia, depressione, disturbi della personalità e attacchi di panico, che spesso avvengono anche al di fuori dell’ambiente di lavoro ma sono dovuti alle varie vessazioni subite.
Come bisogna comportassi?
Il codice civile, art.2087, dichiara che il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per proteggere l’integrità fisica, ma anche il benessere psicologico dei lavoratori. Ogni datore di lavoro, che sia pubblico o privato, ha il dovere di prevenire e impedire i fenomeni di mobbing, non solo astenendosi dal compierli in prima persona o attraverso i dirigenti gerarchici, ma anche evitando che vengano realizzati da parte dei colleghi del dipendente che viene bersagliato.
Proprio a questo viene associato l’art. 2049 del Codice civile, dove il datore di lavoro deve rispondere anche dei fatti illeciti commessi dai propri dipendenti sia a livello penale e no a livello personale.
Considerando gli articoli legislativi il lavoratore vittima di tale sopruso può:
– Diffidare il datore di lavoro dal porre in essere simili episodi; è opportuno che la lettera sia redatta da un avvocato esperto di diritto del lavoro;
– Ricorrere al giudice del lavoro presso il tribunale competente per far cessare le condotte illecite e ristabilire la posizione spettante, in caso di demansionamento;
– Denunciare i fatti reato in sede penale alla procura della Repubblica, anche per il tramite delle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza).
Fonte: Ti consiglio