Costretti a vivere e lavorare nei capannoni a Novate Milanese
Due strutture sono state sequestrate per ordine della procura di Milano dopo aver scoperto la presenza di immigrati irregolari di origine cinese e pakistana che non parlavano italiano e a stento lo comprendevano. clande
Gli attimi di “libertà”, dove potevano uscire per prendere una boccata d’aria e fare una passeggiata era ridotta alle ore notturne nel cortile circondata da capannoni e uffici.
Durante le ore di lavoro questi lavoratori erano praticamente invisibili, obbligati a lavorare a testa bassa su macchine da cucito con la quale producevano e/o riparano borse, scarpe e altri accessori alla moda. Maneggiavano anche fili di rame nudo, cavi per motori e oggetti elettronici. Tutto nello stesso capannone senza nessuna sicurezza, salute, igiene, condividendo “casa” e lavoro. Nel capannone erano presenti materiali indispensabili per la sopravvivenza come: scatoloni, pedane in legno, tavoli e sedie da lavoro, trapani e macchinari, c’erano anche brande e materassi, fornelli portatili e pentolini, cibo e condimenti.
La prima segnalazione è giunta da qualcuno che vedeva le luci spesso accese durante la notte, altre testimonianze raccontano: “Ho l’ufficio di fronte al capannone che è stato sequestrato e arrivo ogni mattina verso le 10. Li vedevo aprire le tende dopo essersi svegliati e fare colazione, dietro i vetri si distinguevano perfettamente i letti e i materassi”, racconta il 24enne titolare di un’azienda che si trova nel complesso industriale, nella periferia di Novate quasi al confine con Baranzate. “Di giorno si vedeva sempre un muletto con cui portavano all’interno la merce, imbustata in piccoli colli. C’è tanta gente che lavora qui, si mimetizzano molto bene. Però una sera ero qui verso le 22,30, li ho visti uscire in ciabatte e con un piccolo cane, era un momento di svago credo, ma c’era sempre un caposquadra che li guardava a vista”. “Il ragazzo che c’era qui prima di me li vedeva sempre, diceva che vivevano e lavoravano qui, uscivano solo col buio per mangiare o riposarsi”, racconta il vicino.
Lo scorso 20 ottobre, in questo comune di 20 mila abitanti vicino a Milano, sono stati sequestrati due capannoni per sfruttamento e favoreggiamento del lavoro e dell’immigrazione clandestina, per violazione delle norme della sicurezza sul lavoro e per abuso edilizio. In entrambe le inchieste della procura di Milano, una coordinata dal pm Pasquale Addesso e l’altra dal pm Maurizio Ascione, risultano indagati i titolari, connazionali delle dieci vittime totali, tutte di origine cinese, senza permesso di soggiorno, totalmente spaesate e incapaci di orientarsi sul territorio.
In un altro stabile, dove si commercializzavano prodotti alimentari, sono stati denunciati dei cittadini pakistani per sfruttamento della manodopera di altri connazionali.
Il comandante Francesco Rizzo riferisce: ”Quando siamo entrati abbiamo avuto l’impressione che queste persone fossero ridotte in schiavitù” aggiunge “In tutti i casi la situazione dal punto di vista della sicurezza sul lavoro era disastrosa c’era materiale accatastato infiammabile, stufe non a norma di legge, in un altro edificio c’erano anche attrezzature della precedente attività di carrozzeria e resti di veicoli”. Ulteriori accertamenti sono tutt’ora in corso, per verificare l’esistenza di altre attività da parte degli indagati.